Sala del commiato e funzioni funebri per una identità multietnica
Sara Rijillo
Abstract
La prevalenza di strategie migratorie orientate alla stabilizzazione insediativa dovrebbe richiamare l’attenzione delle politiche sociali territoriali su un’apertura culturale rivolta anche a tematiche specifiche, come quelle legate al commiato. Non meno di altri, questo aspetto ha direttamente a che fare con il nocciolo del radicamento e della possibile convivenza tra popolazione che accoglie e gruppi immigrati.
In tal senso, sarebbe auspicabile la realizzazione di un luogo che possa accogliere la molteplicità delle risposte culturali date alla morte, individuando, nell’elaborazione dei suoi spazi, nuove soluzioni, capaci di fare chiarezza su un concetto di crescita che sappia allontanarsi dalla mera innovazione tecnologica e che ricerchi, piuttosto, un cauto compromesso tra tradizioni lontane.
QUADRO SOCIALE E PREMESSE
Il fenomeno dell’immigrazione è uno degli aspetti che meglio dipinge il volto di un’Italia radicalmente cambiata nel corso di un ventennio: tra il 1990 e il 2010, la presenza di immigrati sul territorio nazionale passa da meno di 500 mila unità a circa 5 milioni e l’incidenza relativa sulla popolazione residente varia dall’1% al 7,5%. Secondo le previsioni Istat, a metà secolo, l’incidenza percentuale raggiungerà addirittura il 18% [Caritas/Migrantes, 2011].
La popolazione immigrata risulta distribuita sul territorio in maniera piuttosto disomogenea. Le regioni che ospitano il maggior numero di stranieri sono la Lombardia, il Lazio, l’Emilia Romagna e il Veneto, dove si attesta una presenza già superiore all’11% anche se, nel 2010, le aree che hanno registrato l’incremento relativo maggiore sono, di contro, le Isole e le regioni meridionali [Istat, 2011].
La concentrazione dei diversi gruppi in determinate realtà locali sembra strettamente legata ai Paesi di provenienza: fatta eccezione, infatti, per le tre collettività più numerose in termini assoluti – Rumeni (21,1% del totale), Albanesi (10,6%) e Marocchini (9,9%) – presenti in quasi tutte le aree del Paese, le altre comunità ricoprono un ruolo apprezzabile solo in alcune realtà locali, come i capoluoghi di provincia, scelti da Filippini, Peruviani ed Ecuadoriani (inseriti soprattutto nei servizi di assistenza alle famiglie), o i comuni non capoluogo, privilegiati dalle comunità che operano nei settori dell’agricoltura o della zootecnica, come gli Indiani e i Tunisini [Istat, 2011]…